- Il Corriere della Sera -
Article on illycaffè with its strategies and recent acquisitions. Interview to Andrea Illy talking about the financial results of the company and its financial structure.
Storie italiane La famiglia riduce le deleghe e assume una gestione più collegiale. Nominato un comitato esecutivo.
I forti investimenti e il deficit, a sorpresa, della controllata Domori deprimono l'utile DI MARIA SILVIA SACCHI
L'ultima innovazione di Illy arriverà sul mercato in autunno. Il «metodo Iperespresso», versione per la casa dell'Hyper Espresso varato l'anno scorso per la piccola ristorazione; capsule - spiega Andrea Illy - che «cambiano il modo di preparare il caffé espresso, una sfida impegnativa, molto complessa». Per il gruppo triestino questi ultimissimi anni sono stati particolarmente intensi, vedendo mosse su più fronti a partire dal varo degli Espressamente Illy, la catena che ormai conta quasi 150 punti in giro per il mondo, passando per l'Università del caffé e arrivare, infine, alla decisione di diversificare in settori contigui come il cacao. Altri passi importanti sono attesi.
Crescere è un imperativo per la società, nota per l'attenzione maniacale alla qualità ma ancora, con i suoi 255 milioni di euro di giro d'affari (+11,6%), di taglia piuttosto piccola rispetto ai concorrenti. Per questo, dice Andrea Illy, «se le nostre nuove iniziative avranno il successo sperato potremo optare per la Borsa. Per avere maggiore visibilità, per reperire risorse ulteriori e soprattutto per professionalizzare il rapporto tra famiglia e impresa. Sì, può darsi che ci quoteremo, ma si tratta di un progetto a medio termine, non a breve».
Il fermento aziendale di questi anni ha intanto prodotto a cavallo dell'estate - come si legge nei verbali delle assemblee e dei consigli di amministrazione - una ridefinizione degli equilibri della famiglia che si è data nuove regole di governance eliminando la figura dell'amministratore delegato e riducendo notevolmente le deleghe che erano state affidate solo tre anni fa quando fu varata la managerializzazione della società. Nei fatti, è la famiglia nel suo complesso a essersi ripresa in mano la gestione.
Il gruppo Illy, fondato nel 1933, fa oggi capo a Ernesto e Anna Illy (10% in nuda proprietà e in usufrutto ai figli) e ai loro quattro figli, Francesco (20,72%), Riccardo (23,10%), Anna (23,10%) e Andrea (23,10%). Impegnato Riccardo in politica (è governatore del Friuli), è Andrea il capo-azienda. Anna sovrintende agli approvvigionamenti strategici, mentre Francesco dei quattro fratelli è quello più lontano dall'operatività, ma è il creativo che ha lanciato le tazzine Illy e le macchine da caffé di design.
Il fatto più importante delle deliberazioni assunte in estate è aver eliminato l'amministratore delegato. Lo si è fatto, in primo luogo, in IllyCaffé, il cuore del gruppo dove la carica era stata finora ricoperta da Andrea, che resta presidente. Al suo posto è stato nominato un comitato esecutivo dove siedono oltre allo stesso Andrea, anche Riccardo (che tra pochi mesi dovrà decidere se ricandidarsi) e un esterno alla famiglia, Pierluigi Celli, direttore generale dell'Università Luiss.
Nell'occasione, le deleghe sono state modificate, riportandone le più rilevanti al consiglio di amministrazione nel suo complesso. Oltre a Celli il cda ha accolto un nuovo componente esterno, Anna Maria Testa, facendo salire così a cinque il numero dei membri non familiari (Celli, Testa, Dallocchio, Cannata e Cucchiani).
Un processo simile è accaduto nella holding, dove Riccardo resta presidente ma non più amministratore delegato con deleghe ridefinite riportando, anche qui, in seno al consiglio le decisioni di peso. Rimarrà vice presidente della holding Francesco, che sarà nominato il 13 settembre non avendo lui partecipato alla precedente assemblea e non avendo chiarito fino all'ultimo i propri intendimenti.
C'è chi ha letto tutti questi movimenti come una sorta di «stand by» in attesa di capire che cosa farà Illy da grande e ha visto la formazione del comitato esecutivo nella società operativa come una stanza di compensazione di pensieri strategici divergenti. Anche la posizione di Francesco ha creato interrogativi.
«La realtà - spiega Andrea Illy - è che siamo una famiglia molto unita, cresciuta con un messaggio chiaro da parte dei genitori. Pensiamo tutti che il vero padrone dell'impresa sia il consumatore e la famiglia debba essere al servizio dell'impresa. Tre anni fa avevamo rifatto gli statuti - continua il presidente di IllyCaffé - che, sperimentati, hanno dimostrato di aver bisogno di affinamenti. In più, allora la società non aveva al suo interno le partecipazioni di oggi. Abbiamo veramente tanta carne al fuoco, stiamo attaccando mercati importanti, il Giappone, gli Stati Uniti, la Cina... Non riuscendo a fare tutto io - dice - ci siamo posti il problema di non venire meno a quello che è il grande pregio delle aziende familiari, lasciando un componente della famiglia come riferimento al management. I cambiamenti di questi mesi sono figli della iper-attività e della trasformazione di IllyCaffé».
E se Riccardo lasciasse la politica? «Vedremo cosa deciderà. Certo non sarà un problema. Forse lavorerà di più, si concentrerà sulle nuove aziende acquisite e ne compreremo altre».
Bocciata, invece, l'ipotesi di un amministratore delegato esterno. «I vantaggi dell'impresa familiare sono il know-how che si tramanda di padre in figlio e la rappresentanza, il volto che c'è dietro a una marca. Mettere un consigliere delegato esterno - sostiene Andrea Illy - è un cambiamento dirompente che spesso non funziona, come molti esempi hanno dimostrato. Sarebbe troppo rischioso in una fase delicata come questa. Per quanto possibile non lo faremo, speriamo vivamente che alcuni dei nostri nipoti che stanno crescendo facciano un percorso che li porti ad assumere posizioni in azienda».
La corsa recente ha dato soddisfazioni e anche qualche «mal di pancia». Il giro d'affari è in crescita ma la redditività ha subito una forte contrazione e, anzi, il bilancio consolidato è finito in perdita (-280,3 mila euro) per effetto della riduzione di marginalità di IllyCaffé (da 10,6 a 5 milioni di euro) e delle perdite trovate a sorpresa nella neo-acquisita Domori.
«Abbiamo fatto grandissimi investimenti - spiega il presidente -: una cinquantina di milioni nel 2006, che si aggiungono ad altri 50 nei due anni precedenti. Fasi di grande impegno come questa portano sempre a una riduzione di redditività. Ma ormai il più è fatto e già a partire da quest'anno avremo un bel recupero».
Diverso il caso di Domori, l'azienda di cioccolato aromatico di cui Illy ha acquisito un anno fa il 78% per circa 4,3 milioni di euro. Le perdite (3 milioni) trovate in Domori hanno eroso il patrimonio netto e richiesto un intervento del socio di maggioranza che ora sta meditando azioni legali.