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Con l\'espresso nella manica (Espresso coffee in his hands)

- Italia Oggi - Interview dedicated to Gaetano Mele, managing director of Lavazza. Description of his professional profile and the marketing plans for the


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Interview dedicated to Gaetano Mele, managing director of Lavazza. Description of his professional profile and the marketing plans for the Turin-based coffee roaster ready for a worldwide competition.

La vita, la carriera, i gusti e le passioni di Gaetano Mele, amministratore delegato di Lavazza.

Saremo il 2° produttore di caffè al mondo. Il nostro essere italiani paga. L'asso è l'accordo con la Green Mountain.

«Nei prossimi 10 anni Lavazza può diventare il secondo produttore di caffè al mondo. Siamo un competitor credibile perché abbiamo fatto tutte le operazioni necessarie per diventarlo: ora bisogna eseguire il lavoro». Gaetano Mele si gode i suoi 65 anni dal quarto piano della sede torinese del primo produttore di caffè italiano che fattura ogni anno più di un miliardo di euro. In Lavazza è approdato a fine 2005, prima come direttore generale e poi come a.d. dal giugno 2008. «Ho trovato un'azienda con solidità finanziaria e brand equity straordinarie», spiega Mele, «ma c'erano un paio di problemi: l'azienda non cresceva dal 2000 e sul tavolo c'erano alcune decisioni da prendere. C'era poi da gestire il passaggio tra la terza e la quarta generazione».La visione strategica che porta in azienda passa attraverso la naturale vocazione di Lavazza: «Che è l'espresso, quello del bar come quello per le famiglie cui abbiamo aggiunto il porzionato, segmento dalle grandi potenzialità di crescita nel mercato del caffè», aggiunge il manager, «mentre non siamo e non saremo in competizione sull'istant coffee o il drip coffee». Ovvero i caffè all'americana solubili o a gocciolamento. «Nestlé è leader nel segmento istant coffee che rappresenta il 16% del consumo mondiale», chiarisce Mele, «e compete nel porzionato. Ciò basta a Nestlé per essere numero uno al mondo. Noi invece siamo leader nel settore dell'espresso, che rappresenta il 14% dei consumi globali e nel porzionato siamo presenti con forza, ecco perché possiamo essere il secondo player mondiale». L'asso nella manica è l'accordo con l'americana Green Mountain, grazie al quale Lavazza realizzerà nuove macchine e cialde da caffè espresso, oltre a commercializzare e vendere gli attuali sistemi per uso domestico, A Modo Mio. «Il nostro essere italiani paga», aggiunge, «come paese non siamo al top dell'immagine, serve un più alto profilo alla classe politica, ma alcuni prodotti tengono: l'espresso è uno di questi».Napoletano doc, appassionato d'arte, sono però due anni che diserta la città alle pendici del Vesuvio, che lo influenza anche nei gusti cinematografici, soprattutto quando si parla di Totò. «Negli anni 60, Napoli era una città splendida, c'era fermento ovunque, dallo stadio alle spiagge dove si poteva ancora fare il bagno», ricorda il manager laureatosi in economia e commercio prima di cominciare la sua avventura professionale nel 1971 alle 3M di Milano. «Due anni dopo passai alla Fonti Levissima, in quel periodo andavano moltissimo le bevande gassate e noi avevamo Oransoda e Lemonsoda», ricorda Mele, che in gioventù è stato anche nazionale juniores di tennis, ma la lontananza dalla città d'origine non gli ha fatto perdere la passione per la squadra del cuore e per Diego Armando Maradona. «Il gas delle bevande però era vissuto male dalle mamme che temevano per le pance dei loro bambini: ci venne così l'idea di lanciare un'aranciata non gassata, il Billy. Per dare vivacità al brand ci inventammo un packaging innovativo in mini cartoni con la cannuccia, e sponsorizzammo l'Olimpia Milano di basket». Nel pieno di quest'operazione però Mele lascia e passa alla Quaker, specializzata in detersivi.Nel 1987 passa alla Vismara che è il primo tassello dello sbarco di De Benedetti nell'alimentare con l'avvio del gruppo Buitoni che viene poi ceduto in blocco alla Nestlé. «Ci rimasi fino al 1995, occupandomi anche del posizionamento del Nescafé, che in Italia non funzionava, ma noi gli trovammo un posizionamento legato al brunch, a metà tra pranzo e colazione e le vendite crebbero del 35%». Nel 1996 dopo una chiamata di Mediobanca passa alla Rcs quotidiani. «Fino ad allora, su quella poltrona si erano seduti solo giornalisti o capi del personale», spiega l'a.d. di Lavazza, «decisero di mettere un uomo più legato al marketing. Mi accorsi però presto che non potevamo incidere sul prodotto difeso da direttori come Paolo Mieli e Ferruccio de Bortoli. Mi concentrai allora sulla redditività, aumentando la flessibilità con l'adozione di nuovi sistemi editoriali dopo una lotta durissima con i poligrafici. Anche grazie all'introduzione dell'infografica poi i giornali divennero più user friendly, grazie ai collaterali poi ottenemmo più specificità e segmentazione per gli inserzionisti pubblicitari e nel 2000 ottenemmo il miglior risultato operativo di sempre». A febbraio 2001 il passaggio alla direzione di tutta la Rcs che si concluse a fine 2003, poi un periodo di riposo prima della chiamata della Lavazza. «Se tutti interiorizzeranno e condivideranno questa nuova sfida», conclude Mele, «siamo strategicamente il più credibile produttore al mondo dopo la Nestlé».

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