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De\' Longhi: in the past the Pinguino, now coffee leader

- Il Corriere della Sera - Interview to Fabio De\' Longhi talking about his family business. De\' Longhi success is very often related to Pinguino, a desig


- Il Corriere della Sera -

Interview to Fabio De\' Longhi talking about his family business. De\' Longhi success is very often related to Pinguino, a design refrigerating home appliance, but De\' Longhi production is much larger. Now the company is focusing on home espresso coffee machines thus becoming major seller in markets like Germany.

L'amministratore delegato: al top nelle macchine per l'espresso È stata una fortuna avere un percorso non troppo rapido: con mio padre Giuseppe mi confronto tutti i giorni.

Il loro "problema", per così dire, è il successo del Pinguino. Oggetto di design nobilitato anche dalla Triennale di Milano e simbolo, per un'intera generazione, di una classe media italiana che ce la poteva fare. Era il clima fai da te e, tutto sommato, un fenomeno low cost ante litteram. Chi non lo ricollega, almeno come assonanza, alla De' Longhi? Eppure, da allora, di strada ne è stata fatta tanta altra. Anche se con discrezione. «Grazie a una forte crescita che di trimestre in trimestre si consolida siamo ormai leader mondiali nelle macchine per l'espresso con una quota del 25%, ottenuta anche grazie all'accordo con la Nestlé e al successo del Nespresso» spiega Fabio De' Longhi, 43 anni, amministratore del gruppo da cinque dopo la Bocconi e una lunga «gavetta» all'interno dell'azienda di Treviso: è un esempio di integrazione tra prima e seconda generazione. «È stata una fortuna avere un percorso non troppo rapido. Con mio padre Giuseppe (presidente e artefice dell'azienda, ndr) mi confronto tutti i giorni. E la differenza tra i nostri caratteri crea un ottimo equilibrio». L'unica vera tensione sembra che venga dal calcio: padre del Milan, figlio dell'Inter. Una frattura insanabile. D'altra parte la leadership nel caffè viene da lontano e la filosofia del Pinguino (oggetti belli ma da usare tutti i giorni) è rispettata: «Nel '92, il mio primo anno in azienda, decidemmo l'ingresso nel settore con le prime due macchine per l'espresso. Dopo i fenomeni mondiali come gli Starbucks che avevano slegato l'idea del caffè dal made in Italy ora lo abbiamo riportato in Italia: l'espresso fatto in casa, nel mondo, è italiano».

La vostra trimestrale (+27,1% i ricavi nel comparto household e utile netto da 15,1 a 28,3 milioni) dà ragione a quell'intuizione di tanti anni fa. Possiamo dire che l'espresso casalingo è anticiclico?

«Assolutamente sì. È un fenomeno culturale, non solo economico. È uno di quei "piccoli" lussi ai quali le persone non vogliono rinunciare. Anzi, proprio perché le famiglie magari hanno rinviato spese più consistenti a causa della crisi non rinunciano a un gesto quotidiano che fa bene. E poi consideri che in molti casi si tratta di risparmiare. Le faccio un esempio: siamo diventati il numero uno anche in Germania per le macchine del caffè. Certo, si spendono anche 400 euro per acquistarla, ma fuori dall'Italia un espresso al bar costa anche due o tre euro. In poco si rientra della spesa».

Siete alla ricerca di un'altra icona del design come il Pinguino per far capire come l'azienda sia cambiata e cresciuta?

«In realtà stiamo puntando molto sui brand: su 1,5 miliardi di fatturato 1,2 vengono dall'household, ma in questo segmento il caffè pesa per un 30%. Poi ci sono quelli che noi chiamiamo i piccoli elettrodomestici, i robot da cucina. Per noi è importante che vengano percepiti De' Longhi e Kenwood, il marchio che abbiamo fatto tornare alla leadership negli impastatori. Si tratta di prodotti tutt'altro che low cost, con un prezzo che va oltre i 1.000 euro. Ma anche qui c'è stato un fenomeno culturale a spingerli, quello del gourmet casalingo. Nel 2009 Kenwood ha scalzato dalla leadership europea un marchio storico come Moulinex».

Kenwood è stata acquistata nel 2001. Ora avete altri progetti in vista?

«Negli ultimi cinque anni, quelli che ho vissuto da amministratore delegato, abbiamo puntato a sprigionare le energie interne dell'azienda. La nostra opinione è che la nostra sia un'azienda ancora sottostimata dalla Borsa, ma nel frattempo abbiamo ridotto il debito a un livello inferiore all'Ebitda e abbiamo una cassa che ci permetterebbe di cogliere eventuali occasioni magari per completare la gamma di prodotti o allargare geograficamente il mercato. Kenwood per esempio ci ha aperto le porte della Cina».

Quanto spendete in ricerca?

«Il 2% del fatturato. E abbiamo delle strutture interne di design dedicate ai nostri marchi».

Avete impiegato 18 anni per conquistare il mercato dell'espresso casalingo. State già puntando a qualcosa d'altro?

«Abbiamo qualche idea, ma ci sembra troppo presto per comunicarla. Comunque l'idea, a differenza di alcuni nostri competitor come Philips, è seguire pochi segmenti ma puntare a diventarne il numero uno».

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