Il mercato di riferimento non è dei più gettonati in questo periodo, ma De’ Longhi sembra in grado di resistere alla doppia tempesta dei mercati finanziari e dell’economia reale. Per il gruppo di Treviso, ormai, il settore trainante è quello cosiddetto household, che comprende elettrodomestici per il condizionamento e riscaldamento, ma anche e soprattutto macchine da caffè, prodotti per la cucina, pulizia della casa e stiro, distribuiti attraverso il canale retail con i marchi De’ Longhi, Kenwood e Ariete. A differenza del concorrente Indesit, De’ Longhi può vantare una limitata esposizione sul mercato inglese: meno del 10% dei ricavi nel 2007 sono stati infatti realizzati nel Regno Unito. Inoltre il calo del fatturato nel terzo trimestre (-4% a cambi correnti e -0,8% a cambi costanti) ha impattato in misura contenuta sulla marginalità, visto che l’Ebitda ante partite non ricorrenti è sceso solo del 2,9% (+2,7% invece l’incremento sui nove mesi).
A settembre la società ha incassato 39 milioni a liquidazione dell’incendio che colpì gli stabilimenti nell’aprile 2007. E sulle prospettive dell’ultimo trimestre, pur con tutte le preoccupazioni del caso vista la crisi economica, vale la pena ricordare quanto scritto lo scorso 13 novembre sulla relazione trimestrale: «Il gruppo continua a perseguire gli obiettivi prefissati, pur in una situazione di congiuntura di difficile prevedibilità, anche se confortato a oggi dall’andamento positivo dei ricavi a fine ottobre». Tanto che lo scorso 10 dicembre gli analisti di Cheuvreux hanno mantenuto il giudizio outperform e un target price di 2 euro. I multipli borsistici, del resto, confortano: a fronte di un patrimonio netto di 657 milioni, la capitalizzazione si ferma a 201 (il price-book vale 0,3), con un debito netto di 416 milioni.