- La Stampa -
The certain and fixed rules for the preparation of a ‘real’ cappuccino according to Luigi Odello of the Italian National Espresso Institute.
FRANCESCO SPINI MILANO Basta col cappuccino che si confonde col caffellatte. Basta col cappuccino a diecimila gradi che brucia nella tazza e la schiuma che svapora in un niente. Il grido di dolore degli amanti della colazione all'italiana è stato raccolto dall'Istituto nazionale espresso italiano. Che, con test, prove e tanta pazienza ha codificato la bevanda nella sua forma migliore per giungere al "cappuccino italiano certificato". "Come già avevamo fatto nel '99 con il caffè espresso - dice il professor Luigi Odello, segretario generale dell'Istituto - abbiamo voluto dare regole certe per la sua declinazione più importante che all'estero addirittura costituisce l'impiego dell'85-90 epr cento degli espressi preparati. Volevamo preservare una tradizione italiana che rischiava di snaturarsi". In buona sostanza del cappuccino, parafrasando Mozart, il catalogo è questo. Non sfugge alcunchè.
Dagli ingredienti, alla qualità della macchina per produrre il caffè, fino alla bravura del barista, "spesso determinante - osserva Odello -, perchè, contrariamente a quanto si pensa, fare un buon cappuccino è cosa tutt'altro che semplice: serve una grande manualità. Anche per questo tutti i duemila baristi da noi certificati hanno sostenuto corsi di perfezionamento della tecnica". Già, la tecnica. Quella che dovrebbe, insieme con gli ingredienti, mettere in equilibrio perfetto 25 millilitri di espresso e 125 di latte montato a vapore. Scontato che il caffè, rigorosamente espresso, sia di ottima fattura. La partita si gioca quindi sul latte. Uscite dal bar se vedete armeggiare Uht, quello a lunga conservazione: pretendere solo latte vaccino fresco. Quindi, tutto è nelle mani del barista. Alla fine la crema dovrebbe risultare uniforme, "senza che ci sia una separazione - precisa Odello - tra liquido e schiuma". Insomma: la crema deve avere "maglie strette", non presentare bollicine o buchi e soprattutto non deve galleggiare sul latte e caffè. Per questo il latte deve essere montato da freddo, in un bricco d'acciaio esatto per riempire solo le tazze che si devono preparare. Guai riutilizzare quello già lavorato. La temperatura per la montatura non deve superare i 55-65 gradi, pena l'impoverimento del latte e un cappuccino da buttare. Conta pure la forma della tazza - non stravagante, ma classica -, che favorisce il perfetto "abbraccio" con il caffè. Il cappuccino certificato unisce sontuosi aromi, accanto a una sensazione al palato "suadente, di panna". Il "gastronauta" Davide Paolini da tempo è sconsolato. "La media del cappuccino che si beve in Italia è pessima - dice, senza giri di parole -. Le maggiori responsabilità sono dei baristi: troppi gli incompetenti dietro il bancone; manca l'amore, la passione e quella tecnica che per fortuna oggi inizia a diffondersi, grazie ai corsi di diverse torrefazioni, stanche di essere accomunate a cappuccini scadenti per colpa di una lavorazione sbagliata".