- Il Resto del Carlino -
Interview to Fabio De\' Longhi talking about the financial performances of his company. Despite a strong euro, exports do not decrease.
L’INTERVISTA FABIO DE’ LONGHI: «Il supereuro dà una mano di ELENA COMELLI — MILANO — SUPEREURO in orbita, vicino a un dollaro e mezzo: niente di buono per il Made in Italy, che rischia di rimanere schiacciato dai prezzi che salgono per i clienti extraeuropei. Eppure gli ordinativi dall’estero all’industria italiana non si riducono, anzi, in base alle rilevazioni dell’Istat continuano a crescere e suppliscono alla povertà della domanda domestica: a settembre hanno messo a segno un incremento del 14,4%, contro un calo del 2,8% degli ordini dal mercato interno. Fra gli imprenditori che cantano vittoria grazie al supereuro c’è anche Fabio De’ Longhi, campione trevigiano della climatizzazione e del riscaldamento. Come mai il supereuro vi aiuta? «Per chi compra materie prime, componentistica e servizi in dollari o in valute agganciate al dollaro, il fatto di vendere in dollari meno di quanto si acquisti in dollari, si traduce in un impatto positivo sui margini.
Per quanto riguarda l’acquisto delle materie prime pure — soprattutto acciaio e plastica — reperite in Cina, Russia e Italia, il conto annuo ammonta a 100 milioni di euro. Ed è tutto a nostro favore». Ma resta pur sempre difficile esportare a prezzi europei... «La nostra struttura dei conti è più simile a quella di una multinazionale che a una tipica azienda esportatrice del Made in Italy. Il modello di business della società mette al riparo il gruppo, fortemente internazionalizzato, dall’apprezzamento del dollaro: il 77% dei ricavi è realizzato all’estero, ma anche gran parte della produzione si svolge all’estero. Negli ultimi quattro anni abbiamo spostato le nostre attività produttive verso Est: dai nostri quattro stabilimenti cinesi, nel Guangdong e a Shanghai, esce il 70% della nostra produzione. E l’area cinese è dominata da una valuta agganciata al dollaro, che si svaluta». E quindi? «E quindi non esportiamo dall’area euro verso aree denominate in dollaro, ma viceversa, dalla Cina verso l’Europa, che resta il nostro mercato principale. L’Italia assorbe oltre il 20% della nostra produzione, il Regno Unito un altro 12% e il 35% finisce in Europa continentale. Il Nord America incide sui ricavi consolidati per appena il 10% In termini di volumi, dunque, il deprezzamento del dollaro non ha un impatto decisivo sul fatturato di gruppo». Anzi... «Anzi, l’euro forte è un vantaggio sulla profittabilità del gruppo, anche se riduce un po’ i tassi di crescita nei mercati denominati in dollari». Avete anche una parte della produzione in Russia... «Sì, abbiamo uno stabilimento in Russia, la cui produzione è destinata soprattutto a quel mercato, che per noi è in forte crescita insieme all’Est Europa e al Medio Oriente». Una strategia molto vantaggiosa in presenza di una congiuntura come questa... «Quando l’abbiamo avviata il supereuro non è stato il nostro primo pensiero: l’internazionalizzazione resta comunque una buona mossa in assoluto. Certo con il senno di poi si può dire che abbiamo preso la strada giusta. Per chi non l’ha fatto questo costante rafforzamento dell’euro è davvero molto preoccupante».