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Lavazza, la tazzina ora è globale (Lavazza, global coffee cup)

- Italia Oggi - The development strategies according to Lavazza\'s Managing Director, Gaetano Mele. 2010 turnover is 1.13 billions euro. La corsa con Nespr


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The development strategies according to Lavazza\'s Managing Director, Gaetano Mele. 2010 turnover is 1.13 billions euro.

La corsa con Nespresso su cialde, nuovi mercati e comunicazione

La tazzina di Lavazza non si svuota mai. Nel senso che i progetti di sviluppo dello storico marchio del caffè italiano hanno ormai dimensioni e politiche globali, che passano oggi dal «mercato numero uno», gli Stati Uniti, dove Lavazza è presente da agosto con l'acquisizione del 7% di Green Mountain Coffee Roasters (specializzata nella produzione di cialde per caffè all'americana). L'azienda a conduzione familiare si sta strutturando per competere nel mondo con le multinazionali: produzione innovativa, presidio dei mercati futuri, comunicazione. E persino nella tradizionale comunicazione incentrata sulla «commedia all'italiana», rappresentata un tempo da Nino Manfredi e oggi dal duo Bonolis-Laurenti, ha fatto irruzione Julia Roberts. Un primo tentativo, muto, ma internazionale, anche se le attuali campagne fuori confine di Lavazza sono incentrate su un altro strumento di marketing: il Calendario, sul quale l'azienda quest'anno investe circa il 32% dei 50 milioni di euro destinati alla comunicazione globale.Siccome poi l'espresso è una prerogativa italiana (dal Belpaese arriva il 55% dei ricavi) e «di nicchia» nel resto del mondo, meglio puntare allora su prodotti come il caffè porzionato, che oggi rappresenta «il 4% dei 5,4 milioni di tonnellate di caffè prodotte, ma è destinato a crescere», afferma Gaetano Mele, amministratore delegato di Lavazza, che intende produrre già nel 2011 «7-7,5 miliardi di cialde con Green Mountain». Progetti che ignorano, per ora, la causa intentata in Francia da Nestlé a Sara Lee, che ha realizzato delle capsule adattabili alle macchine Nespresso. Qualora vincessero gli accusati, ci si troverebbe di fronte alla fine dei sistemi chiusi, dove l'azienda impone al consumatore di utilizzare le proprie macchine e prodotti. «In quel caso cambierebbe il modello di business», osserva Mele, «e si punterebbe molto più sulla reputazione del marchio. In ogni caso», aggiunge, «noi preferiamo il sistema attuale».Intanto, Lavazza sta studiando soluzioni vicine ai gusti dei nuovi mercati, «come può essere il cappuccino negli Usa: da Starbucks la bevanda più richiesta è a base di latte (e di conseguenza le nuove A modo mio attese nel 2012 lo faranno, ndr)», spiega l'a.d. dell'azienda che quest'anno prevede di chiudere il bilancio in linea con l'anno precedente. Il fatturato stimato è infatti vicino ai 1,13 miliardi di euro, mentre il risultato operativo gestionale si attesterà sul 13%, nonostante i rialzi della materia prima. Valori che difficilmente si ripeteranno nel 2011, considerando proprio i rialzi «di ragione speculativa» del prezzo del caffè crudo, il cui valore è superiore di circa il 60%, rispetto a un anno fa. Per questo Lavazza cerca di tener d'occhio sia il futuro più prossimo, in cui si temono contraccolpi sui consumi dovuti a rincari «fra il 9 e il 16%», che colpiranno anche le miscele del private label.Con l'altro occhio, si pensa al medio-lungo periodo. Il 2010, allora, può essere visto come un anno in cui Lavazza ha cercato di porre le basi per uno sviluppo globale, a partire dall'acquisizione di Ercom, che detiene il marchio Eraclea, «la cui gamma di prodotti da bar è complementare al nostro business» e per la quale Lavazza conta di «aumentare in tre anni il fatturato da oltre 25 milioni a 50 milioni di euro», anche attraverso la distribuzione dei prodotti all'estero. In secondo luogo, la ricerca «nei paesi emergenti, di piattaforme su cui costruire il business in loco e una catena di coffee shop» che funga da «veicolo di comunicazione del brand e canale per provare il prodotto». Accade in Bulgaria con la catena Onda (la prospettiva è che il marchio ceda il passo a Lavazza), in Argentina con Coffice, in Brasile, «e stiamo cercando in Colombia». Ma lo stesso processo è pronto in India, «dove fra una decina d'anni potrebbe svilupparsi un business pari a sei volte quello italiano», aggiunge Mele, che guarda anche a Vietnam, Thailandia, Indonesia e Corea, senza dimenticare la Russia.L'anello di congiunzione è rappresentato dagli Stati Uniti, un'opportunità per crescere grazie agli accordi distributivi con Green Mountain e «di aiutarli a nostra volta nell'espansione internazionale dei loro prodotti, grazie alla nostra presenza in 80 paesi». Tutte manovre con cui l'azienda vuole ambire al ruolo di «leader o co-leader» del settore, combattendo una battaglia su un prodotto, il caffè porzionato, introdotta dai concorrenti: «Per 10-12 anni, Nespresso non ha avuto successo. Poi ci è riuscita e la necessità di entrare nel business si è fatta evidente», sfruttando però le proprie caratteristiche, più che le dimensioni. Come in una partita a scacchi.

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