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Starbucks lascia la città proibita (Starbucks to leave Forbidden City)

Scritto da Consorzio E.S.E. | 15/07/2007
- Il Sole 24 Ore -

Starbucks has closed a controversial coffee shop it had operated in Beijing\'s historic Forbidden City since 2000. The Starbucks café has been controversial since it opened in the palace regarded as one of the most important Chinese cultural heritage sites. 

Retail. Dopo anni di controversie la catena americana cede alle pressioni cinesi

IL COMPROMESSO Il piccolo Caffè che si trova all'interno del Palazzo imperiale di Pechino venderà solo gadget: niente più Frappuccino per i turisti

Valentina Conte

MILANO

Città proibita per Starbucks. Dopo anni di contrasti, chiude il più piccolo caffè della catena di Seattle, quello che dal 2000 si trova nel cuore della Pechino imperiale, il palazzo delle dinastie Ming e Qing. Un bancone, due tavolini rotondi, sei sedie: ricetta semplice per gustare caffè e Frappuccini in un'atmosfera unica al mondo. Un locale delizioso, ma appena riconoscibile dai visitatori (10 milioni l'anno, di cui 1,6 stranieri). Nel 2005 infatti togliere l'insegna esterna, il marchio verde e nero della Grande Madre Isis, simbolo egizio che porta fortuna (e soldi) alla multinazionale americana, era sembrato l'unico compromesso possibile contro i difensori della cultura cinese. Come Rui Chenggang, giovane e famoso conduttore della Cctv, la televisione nazionale, che aveva trasformato il caso in una campagna a colpi di nazionalismo. L'articolo sul suo blog, dal titolo «Si invita Starbucks ad uscire dalla Città Proibita», in pochi giorni aveva registrato 500 mila accessi, innescando dibattiti pro e contro i valori della tradizione. «La presenza di Starbucks è un'insulto alla cultura cinese», si leggeva online. «Inserendo su Google "Starbucks in the Forbidden City" – proseguiva l'appello – si ottengono oltre 330 mila link. Questa polemica ha ridicolizzato la Cina agli occhi degli occidentali».

Da oggi Rui può festeggiare. Starbucks resterà all'interno della città-museo – dal 1987 patrimonio Unesco dell'umanità – ma solo per vendere tazzine, caffettiere e gadget. Un coffee shop per il merchandising, insomma. «Sono convinto che la decisione sia amichevole e non si voglia colpire Starbucks», fa sapere Eden Woon, vicepresidente per la Cina della catena americana. Stemperare i contrasti con le autorità cinesi per ora è l'unica strategia possibile. D'altronde Starbucks è presente nella Repubblica Popolare con 239 esercizi commerciali sui tre mila sparsi per il mondo. Un numero importante per il brand, soprattutto dopo la storica vittoria del 2006 – la prima di una multinazionale occidentale – contro le contraffazioni del marchio. Il tribunale di Shanghai aveva condannato i falsari di Xingbake (Xing è la traduzione cinese di Star, stella, e bake ha un'assonanza con bucks) a risarcire la società di Seattle con 500 mila yuan (62 mila dollari). La catena cinese aveva aperto trenta locali a Shanghai, appunto, identici a quelli dell'azienda Usa rivendicandone l'originalità. Ma gli americani l'avevano spuntata dopo una causa durata due anni. Non così ora. Il marchio del caffè più cool al mondo sarà proibito. Ma solo nella Città Proibita.