- La Repubblica -
Bialetti and illycaffè, coffee machines producer the first, coffee roaster the latter. Together they have realized “Cuor di moka” the new moka (the Italian coffee maker) that makes coffee tastes like an espresso coffee. The project has involved several years of research and a 1.4 million euro investment.
Il modello è l´espresso che si beve al bar, l´obiettivo eliminare le parti meno nobili che a fine ebollizione escono dalla macchinetta rovinando l´aroma
ALESSANDRA RETICO
ROMA - Il design adesso la celebra, ma lei non ci pensava a fare la star. Nacque perché era necessario, non cercava la gloria. La Moka Bialetti, quella con l´omino coi baffi, però ci è finita nei musei, e i motivi sono che è semplice e geniale, made in Italy che scotta. Da 74 anni ci sveglia al mattino, scandisce le giornate di generazioni. Pochi ritocchi da quando è nata, il manico che prima era in legno e poi in bachelite, per il resto stessa forma ottagonale e anima solida delle cose artigianali. Così era stata pensata, come un attrezzo utile e anzi un dover essere, tutto qui. Negli anni solo qualche variante, quella che fa anche il cappuccino o quella elettrica da viaggio, storia recente e richiami della moda. Ma la classica è rimasta tale, 270milioni di pezzi venduti e chissà quante persone ad avvitarle i fianchi.
Adesso, però, rivoluzione: la moka che lo fa come quello del bar. La Bialetti ha studiato con Illy, la casa dei chicchi di Trieste, il modo per mettere al caffè fatto in casa il gusto dell´espresso. Hanno tagliato la "coda", cioè gli acidi e i grassi che escono alla fine riducendo l´aroma, ed ecco "Cuor di Moka", non una digressione estetica, ma proprio un nuovo concetto di macchinetta. Un´ingegneria dentro che ha modificato il processo di estrazione: si seleziona solo la parte nobile, il cuore appunto del caffè. Vari anni di ricerche, sedici brevetti, segreto industriale e un investimento di 1,4 milioni di euro. C´è già sul mercato, inconfondibile perché la forma ottagonale, l´omino, il becco e il resto sono quelli di sempre, solo le linee un po´ più arrotondate e il design - alluminio, nera o combinati - che a portarla a tavola fa una gran bella figura.
Non è un vezzo questa svolta, è un segno. Il caffè piace tanto ovunque, gli americani e gli inglesi lo hanno scoperto, l´espresso italiano lo imitano e lo rincorrono. La multinazionale Starbucks apre negozi ovunque, la gente ci va con i computer come a Parigi nell´Ottocento si andava con i pennelli e le poesie. Per stare in uno stile, per inventare l´avanguardia. L´hanno chiamata "Frappuccino generation" quella dei giovani statunitensi e non solo che prima della tazzina e delle sue molte declinazioni conoscevano solo il bibitone americano bollente. Ora oltre che andare al bar glamour, si comprano la moka, questi ragazzi. Il cinema assorbe il mondo, a volte lo crea, ed è così che nelle stazioni di polizia o sui tavoli delle riunioni nei grattacieli vedi comparire sullo schermo la macchinetta, proprio lei, la Bialetti bruciacchiata e bollente, la poggiano lì come se ci fosse sempre stata. Noi ce ne accorgiamo così che esiste ed è nostra.
Se uno dovesse catalogare i rumori della memoria ci dovrebbe mettere quello sbuffo lì, che dice "sta uscendo il caffè". Ci sono di quegli oggetti così fissi e abituali che quasi non ce ne accorgiamo più, la moka è tra questi, presenza scontata ma per niente banale, perché è un rito oltre che una cosa, se non c´è è un guaio e bisogna rimediare. Nelle case italiane è un totem silenzioso, sta nelle abitudini, non è che ci mettiamo lì a celebrarlo, lo facciamo e basta: metto su un bel caffè? Proprio come il bucato che è un´altra religione pagana della domesticità. I panni che si lavano c´entrano con l´omino coi baffi, alias Alfonso Bialetti, che nel 1918 torna a Omeglia dopo essere emigrato in Francia dove aveva imparato la fusione a conchiglia. La moka nasce guardando la moglie fare il bucato. A quei tempi si usava la "lisciveuse", una grossa pentola con un tubo cavo e la parte superiore forata: l´acqua messa nel recipiente insieme alla biancheria e al sapone, bollendo saliva per il tubo e ridiscendeva sul bucato sfruttando bene la lisciva, il detersivo. Non faceva quello sbuffo lì, ma era già un buongiorno.